Nocera Inferiore. Sembra di vivere un episodio di Star Trek. Solo che quel coloratissimo oggetto sospeso tra cielo è terra non è la mitica Enterprise di capitan Kirk, bensì l’altrettanto gloriosa Shosholoza, la prima barca «nera» ammessa a veleggiare ad America’s Cup. Al posto di comando c’è l’eroe che ha fatto sognare diciotto milioni di telespettatori, Salvatore Sarno, «’O comandante», che ora gira il mondo per raccontare le «quindicimila piccole storie» di quell’impegno sportivo che è ormai leggenda. «Mi ha contattato la casa editrice Mursia – rivela – per scrivere un libro su Shosholoza, ho deciso di intitolarlo “La differenza”.
Già, noi e gli altri, nel bene e nel male. Parlerò dei Sud, il mio sud, la Nocera della camorra organizzata che ho abbandonato nel ’65, ed il Sudafrica, la terra che mi ha adottato e di cui ho vissuto gli anni terribili dell’Apartheid. Ero un disperato in un paese di disperati. Da qui è nata la mia sfida, riscattare un continente per riscattare anche la mia patria». Innamorato del mare Capitan Sarno ha lanciato, così, la sua sfida sulle onde. «Da ragazzino – confida – salivo sulla collina di Sant’Andrea, cercando di vedere uno spicchio d’azzurro. Stavo lì per ore a disegnare barche, volevo studiare architettura navale, ma la mia famiglia era povera e mi sono dovuto accontentare dell’istituto nautico, tra gli sfottò dei miei compagni perchè ero uno di terra. Anche in Sudafrica mi guardavano strano quando ho deciso di aprire una scuola di vela.
C’è tanta miseria, mi dicevano, con i tuoi soldi potresti dare sollievo a chi soffre invece di mettere grilli in testa ai ragazzi con uno sport d’élite come la vela. Si sbagliavano, è stata proprio la vela il volto del nuovo Sudafrica che ha saputo dire no al razzismo. A bordo di Shosholoza ci sono bianchi, neri, colorati, indiani: una sola, libera nazione. Un “miracolo napoletano”, come ama scherzare il mio amico Mandela». «Resto uno del rione Casolla, legatissimo ai miei fratelli, in particolare al mio gemello Nino – avverte – Malgrado ci dividano due continenti, sto male quando lui sta male. È stato duro lasciarlo, ma l’avventura mi chiamava». L’ultima sfida è un film sulla sua vita, «African’s dream». Lo sta girando in questi giorni Angelo Serio (insieme nella foto).
È un ritorno alle origini – sorride Sarno – Papà, elettricista, faceva l’operatore al cinema Diana, io lo aiutavo la sera. Mi immedesimavo nelle storie, sognavo di esserne il protagonista. I giochi del destino, oggi sono io a vestire i panni di attore. Sono un privilegiato, ho avuto tutto dalla vita, perfino la “mia baietta”, quella spiaggetta tra Cetara ed Erchie con una casa piccola affacciata sul golfo. L’ho acquistata senza neanche chiedere il prezzo, è il buen retiro mio e di mia moglie Sandra, 38 anni di ininterrotto amore». (di Erminia Pellecchia)