La denuncia dei genitori: era ancora vivo quando è arrivato. Cinque avvisi di garanzia ai sanitari.

Per la morte sospetta di un bimbo di quattro anni di Cava de’ Tirreni la Procura ha emesso cinque avvisi di garanzia per medici e infermieri dell’ospedale Umberto I che sono accusati, nel provvedimento firmato dalla pm Sabrina Serrelli, di omicidio colposo. Sul decesso del piccolo Salvatore Baldi si è aperto un vero e proprio giallo. Il bimbo, da qualche giorno, soffriva di forti dolori alla pancia che gli procuravano vomito. La situazione era diventata così grave da spingere i genitori a ricoverare il piccolo all’Umberto I. Ma è proprio qui che le versioni dei fatti divergono. Per i vertici dell’azienda sanitaria locale il bambino era arrivato già morto al pronto soccorso dell’ospedale. Ma per i genitori della vittima — Nino Baldi e Annamaria Scopo — il cuoricino del loro figlio batteva ancora quando è stato trasportato all’Umberto I. Ed è per questo che già dalle ore seguite al decesso hanno chiesto agli inquirenti di far luce su quanto era accaduto in quella tragica giornata.

Da Scafati, si attende l’esito delle analisi sui liquidi espulsi dal bambino quando è arrivato all’ospedale di Nocera Inferiore. «Mio figlio era vivo quando è arrivato al pronto soccorso— racconta Nino Baldi, il padre della vittima— ho pensato di portarlo a Nocera Inferiore perchè ritenevo che questo ospedale fosse la migliore soluzione possibile per il bambino. Ora, però, mi chiedo perchè Salvatore è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva neonatale attrezzato per i neonati e non per quelli dell’età di mio figlio. Ci stiamo battendo solo per evitare che, qualora si sia trattato di un caso di malasanità, possa accadere ad altri la tragedia che noi abbiamo vissuto».

Il bambino sarebbe stato sottoposto ai primi tentativi di rianimazione già in astanteria prima di essere trasferito al reparto di terapia intensiva neonatale. Ed è su questo trasferimento che si stanno concentrando le recriminazioni della famiglia del bambino morto. «Continuo a pensare che portarlo in rianimazione sarebbe stata la soluzione migliore — conclude il padre della vittima — io stesso ho cercato di farlo rinvenire inutilmente. Ma ora vogliamo capire se ci sono delle colpe in quanto avvenuto».