Salerno. Un buco nero cancella tutto: la terrazza di legno che crolla, il panico, i corpi che rotolano su rocce affilate e arbusti induriti, giù per uno, cinque, dieci, venti metri, la caduta nel mare cristallino ormai incoscienti, con Eugenia che affonda verso il buio per tre metri, e Lorenzo che rimane a galla ma a testa in giù. «Eravamo in terrazza, poi non ricordo nulla – ricorda Lorenzo – Mi sono risvegliato con la visione degli angeli azzurri dell’ospedale che mi hanno dato la seconda opportunità di vivere. Il quadro della mia vita si era bucato, loro lo hanno ridipinto». Un anno dopo sono tornati a Salerno, Eugenia Bellini e Lorenzo Di Chiara. Lei ventidue anni, piccolina, capelli rossicci, un sorriso forzato che cede spesso alla commozione, lui ventiquattro anni, capelli a spazzola e due occhi che bucano il mondo alla riscoperta di ogni più piccolo, normale particolare. «Ognuno è abituato a respirare – ha raccontato agli amici – ma dopo che ti risvegli intubato, senza più il controllo del tuo corpo, ecco dopo ti sembra meraviglioso anche respirare. Ogni tanto inspiro profondamente per sentire la vita dentro di me». Il 18 agosto di un anno fa alle 14,45 erano a Conca dei Marini, in uno degli angoli più suggestivi della Costiera amalfitana. Avevano fittato un angolo di paradiso via internet per una vacanza tra amici. Quel giorno erano arrivati anche i genitori, in tutto dieci persone. Il pranzo e poi tutti fuori sul solarium. Paesaggio mozzafiato da una terrazza abusiva appoggiata su quattro pali di legno non cementati. Fulvio Tudisco, 27 anni, napoletano di via Pigna torna in casa a prendere un piatto, il tempo di voltarsi e dietro non c’è più niente e nessuno. Antonio Rocco, 54 anni, parrucchiere di Soccavo, batte la testa e muore. Gli altri finiscono tra le travi, sulla roccia, in mare. Eugenia e Lorenzo vengono ripescati da un vicino, Roberto De Feudis, e dal medico ex sindaco di Sarno Giuseppe Canfora. «Mi arrivò l’allarme, gli elicotteri arrivarono dopo tre minuti, insieme a una idroambulanza in gommone, io coordinavo i soccorsi via cellulare» ricorda Maria Rosaria Rondinello, responsabile regionale del 118. «Quando ci portarono Eugenia e Lorenzo francamente non pensavo che potessero sopravvivere – racconta Dante Lo Pardo, che organizzò la Terapia intensiva all’ospedale «Ruggi d’Aragona» di Salerno – C’erano fratture, emorragie interne e quei minuti passati sott’acqua senza ossigeno per il cervello. Quando ci ripenso, mi vengono i brividi. Abbiamo agito tutti con grande coordinazione, non c’è stato un passaggio sbagliato in tutta la catena dei soccorsi. Era stato un agosto impegnativo per la Terapia intensiva, con il taglio dei cavi e il black out. Eravamo sotto tensione, ma tutti reagirono. Vedere oggi questi nostri ex pazienti dà grande soddisfazione, sono quei casi che ci ricaricano tutti». «C’è una grande sensibilità in questi ragazzi a venire in ospedale a salutare il personale – dice il manager Attilio Bianchi – Sono queste cose che ci spingono a migliorare sempre di più». Eugenia e Lorenzo sono tornati ieri a ringraziare gli «angeli azzurri» dell’ospedale. Apparentemente hanno recuperato la piena funzionalità del corpo. Ma sono stati dodici mesi di strazi. Dall’asportazione della milza alla ricostruzione del bacino, il coma, il risveglio con la scoperta di non aver danni al cervello, le operazioni per ricostruire gli arti, gli interventi contro le infezioni interne, la riabilitazione. «Ora faccio fisioterapia ogni giorno – è ancora Lorenzo a parlare – ma poter vivere… devo dire grazie a tutti per la professionalità e il valore che hanno dimostrato. La mia vita è cambiata totalmente, a mare non andiamo mai più, ma siamo tornati a ringraziare». E mentre Rondinello si appella a Berlusconi per ottenere un elicottero in più per i soccorsi in Campania, è Maria Antonietta Russo, madre di Eugenia, a mandare un messaggio: «Quanto ci è accaduto mostra le professionalità che esistono nella sanità italiana. Che devono essere valorizzate. Dobbiamo tutti capire che la sanità deve restare pubblica e bisogna investire. E comunque i tagli non possono toccare l’emergenza per raccontare ancora di vite salvate».
Fulvio Scarlata, Il Mattino